lunedì 17 ottobre 2016

L'attore Paolo Panaro è atteso dallo spettacolo "Il viaggio di Ulisse" in Vallisa.



La decima edizione della rassegna di teatro di narrazione letteraria «Le direzioni del racconto», organizzata nell’auditorium Vallisa di Bari dalla Compagnia Diaghilev in collaborazione con l’Assessorato alle Culture del Comune di Bari e il sostegno della Regione Puglia, prosegue con un doppio impegno di Paolo Panaro (nella foto). L’artista di riferimento della Diaghilev è atteso nello spettacolo «Il viaggio di Ulisse» martedì 18 ottobre (ore 21) e nella lettura di «Lighea» di Giuseppe Tomasi di Lampedusa mercoledì 19 ottobre (ore 21).
Innumerevoli sono gli scrittori che hanno svelato nuovi volti dell’avventuroso protagonista narrato da Omero: Ovidio, Plutarco, Nonno di Panopoli, Dante, Baudelaire, Pascoli, Joyce, Borges, Eliade, D’Arrigo, Calasso, Vernant. E per «Il viaggio di Ulisse» Panaro ha scelto brani dalle opere di alcuni di questi autori, annodandoli al poema omerico, per costruire un unico e ininterrotto racconto. Perché raccontare i miti è il modo più immediato per esplorare il territorio della nostra psiche dove quelle storie regnano come simboli profondi. I miti dei Greci sono giunti a noi in un corpus frammentato di storie, di allusioni e in un infinito numero di varianti. E il mito di Ulisse è uno dei pochi nodi tematici su cui si fonda la millenaria cultura occidentale. Ulisse è l’eroe da imitare, il forte e coraggioso re di una piccola isola, ma anche l’uomo per eccellenza, con i suoi bisogni e le sue debolezze. Non ha voglia di partire per la guerra e si finge pazzo. Smascherato, è costretto ad assediare Troia. Alla brutalità dello scontro fisico preferisce l’uso della furbizia e della menzogna. L’odio di un dio e la sua curiosità lo spingono a viaggiare in un Mediterraneo sconosciuto, abitato da mostri, ninfe e maghe bellissime, giganti carnivori e solitari re dei venti. Ma lui non è l’eroe della partenza, è l’uomo che ritorna.
«Lighea» è un racconto fantastico scritto tra il 1956 e il 1957 ed è formato da due racconti inseriti l’uno nell’altro: un racconto cornice e un racconto quadro. Quello di secondo livello, dove appunto compare Lighea, ha carattere fantastico: descrive l’amore tra un uomo e una sirena e ha toni fortemente sensuali ed erotici. Già nella scelta della sirena si esplica un forte richiamo erotico. Lighea è il simbolo dell’erotismo supremo, creatura del mare, il mare principio e fine, immagine di nascita e morte, di voce e di silenzio.
La storia comincia con l’evocazione della grande calura estiva che lascia cadere e languire il racconto nelle grinfie di demoni meridiani. La canicola avvolge tra densi fumi i pensieri e sembra suggerire le visioni del senatore Rosario La Ciura. La sirena è una protagonista ambigua perché reca i segni dell’indistinzione all’origine della vita; è ambigua per la sua doppia identità di donna-pesce. Nella sua metà femminile è legata alla terra, a sensazioni che sembrano essere quasi umane, nell’altra metà è invece indissolubilmente legata al mare. Una dualità insuperabile, risorsa e condanna al tempo stesso. Al centro di questo intreccio l’incontro tra l’uomo e la bestia, la loro congiunzione, quell’inimmaginabile che ha il sapore dei miti antichi.

Nessun commento:

Posta un commento